Solitamente non temo gli anniversari tristi, ma questo ennesimo lockdown a un anno dal primo, mi ha gettata nello sconforto. Ho attraversato una settimana densa come le sabbie mobili e al tempo stesso rarefatta, come l’aria che toglie il respiro.
Sono sprofondata nel piumone un intero pomeriggio, osservando i miei neuroni sguazzare nel vuoto. A volte c’è bisogno anche di questo, concedersi di stare male.
Non mi era mai successo di scoppiare in lacrime di fronte a una webcam, con la psicoterapeuta dall’altra parte d’Italia. Ma ben vengano le prime volte.
Prendere consapevolezza delle difficoltà che stavo vivendo, è stato il primo passo per rialzarmi. Ho azzerato le aspettative e riacceso le speranze, partendo dai gesti più semplici.
Ancor prima di questo, mi sono assicurata di viaggiare sugli stessi binari di Alberto. La convivenza nell’ultimo anno non è stata facile per nessuno. Neanche per chi, come noi, è abituato da sempre a condividere tutto, lavoro compreso.
Vi racconto i passi che mi hanno aiutata a rialzarmi. Anche se i percorsi personali sono sempre unici, chissà che le nostre strade non abbiano qualche incrocio in comune 🙂
Primo passo: ri-stabilire le linee guida.
Quando le semplici regole quotidiane si perdono nel caos, noi ci riuniamo intorno a un tavolo per ridefinire compiti e ruoli. Lo facciamo considerando limiti e risorse di ognuno. In realtà, in caso di catastrofe, partiamo proprio dai nostri limiti. Laddove io non riesco, qualcuno può venirmi in aiuto, e viceversa.
Può succedere che in un momento di stress emotivo, le questioni più semplici sembrino comunque insormontabili. A noi è capitato e ci siamo rivolti a una psicologa dello sviluppo, che ci sta aiutando a forgiare nuovi strumenti per supportare noi stessi e i nostri figli.
Secondo passo: restare concentrati
Quando la mente è offuscata, le linee guida sono comunque inefficaci. Da tempo ero curiosa di sperimentare la meditazione, e ho pensato che fosse il momento buono per accogliere questa esperienza. Ho scaricato un’App con sessioni molto semplici di meditazione guidata, e ho ritagliato un momento solo per me.
Sono ancora lontana dalla mindfulness, ma meditare mi è piaciuto fin da subito. Quando mio figlio Ernesto (7 anni) si è svegliato con l’ennesima crisi di pianto, l’ho proposto anche a lui.
La DAD aveva risvegliato in lui ansia e nervosismo, che si placavano solo con l’inizio della prima lezione. Abbiamo sperimentato insieme piccole meditazioni di 6 minuti, che hanno avuto un effetto davvero sorprendente.
Adesso riusciamo a recuperare alcuni giorni che nascono storti. Altri invece, Ernesto si sveglia sereno e passiamo direttamente ai biscotti.
Terzo passo: divertirsi insieme
Siamo chiusi nelle nostre gabbie da un anno. Noi siamo cinque, tutti in smart working, senza stanze a sufficienza che garantiscano privacy a tutti. (Sto scrivendo mentre Ernesto fa lezione accanto a me). Insomma, non voglio lamentarmi, ma credo che trovare l’entusiasmo per sorridere insieme, stia diventando difficile per tutti.
Eppure un pizzico di allegria è fondamentale, vitale. Mi sono chiesta cosa potesse farci divertire tutti insieme, e la risposta è stata: ping-pong! Abbiamo installato una piccola rete nel tavolino del soggiorno, scomodissimo, ma sufficiente per ospitare grandi tornei che coinvolgono tutti, gatto compreso.
Se gioco con i miei figli, voglio divertirmi anch’io. E guai a chi osa sconfiggermi!
Quarto passo: rompere le regole.
Mi hanno insegnato fin da piccola che infrangere le regole, può aiutarci a consolidarle. Ovviamente il buon senso (seppur individuale e opinabile) è un presupposto fondamentale.
Dunque, ammetto i nostri misfatti della settimana:
1- Sabato pomeriggio papà aveva una conferenza molto importante e ci ha (gentilmente) sbattuti fuori casa. Se avessi seguito alla lettera il DPCM non mi restava che chiudermi in macchina con i miei tre figli.
Ho optato invece per la scelta opposta. Tutti fuori! Nel posto più libero e selvaggio raggiungibile a piedi: il mare. Abbiamo guardato il tramonto sugli scogli, con il vento gelido sui vestiti leggeri e bagnati dalle onde.
È stata una piccola follia che ci ricorderemo a lungo.
2- Ernesto ha cavalcato un pony di nome Maya sul crinale del Monte San Bartolo. Da una parte le colline marchigiane, dall’altra il mare. Si, la pet therapy è concessa, e noi ne abbiamo approfittato.
3- Ho prenotato un piccolo viaggio, che seppur lontano nel tempo, mi aiuta a focalizzare lo sguardo verso la fine del tunnel.
Chissà come cambieranno le cose. Faremo mai quel viaggio? Trovo la risposta solo nel mio nuovo mantra: zero aspettative e mille speranze.
Quinto passo: circondarsi di bellezza.
Sono sempre stata un’abile cacciatrice di bellezza. Non la bellezza sfacciata, ma quella ben nascosta nelle piccole cose. Ammetto che in questo ultimo anno, senza viaggi e con pochi stimoli, non sempre è stato facile coglierla.
Rileggendo queste righe mi faccio un po’ tenerezza. Le cose che mi fanno felice adesso, sono davvero piccole piccole.
Però riesco a vederle, e ne sono fiera.
Infine, nutro ogni giorno il mio “orticello” domestico, riempiendo vasi di fiori e alzatine di pasticcini.
Tornando al primo passo (per noi fondamentale), vi scrivo di seguito il link della Dott.ssa Cristina Minotti, psicologa dello sviluppo e dell’educazione: https://cristinaminotti.it.
Cristina è la nostra ancora di supporto emotivo da ormai cinque anni. Mi sono rivolta a lei quando è stato diagnosticato un disturbo DSA a mio figlio. E io stessa chiedo il suo aiuto, ogni volta che sento la necessità di un sostegno alla genitorialità.
È capitato due anni fa, nel periodo (difficilissimo) del nostro trasferimento. È capitato adesso, e ricapiterà ancora. Perché la consapevolezza dei propri limiti, è sempre un’ottima ripartenza.