Destino, consapevolezza e gratitudine.

Se il mio destino fosse lo stesso di mia mamma, oggi morirei. 

Morirei dopo aver fatto i bagagli per un viaggio senza ritorno, ventitré giorni dopo aver compiuto quarantadue anni.

Morirei proprio oggi, nel giorno in cui mio babbo avrebbe compiuto settant’anni, se non fosse partito per quel viaggio insieme a lei. 

Potrei aggiungere altri numeri a questo 16-12-2021 pieno di coincidenze. Ma la vera domanda è: perché mi sono messa a fare il conto?

Penso a questo giorno da tanto tempo, senza illusioni né fantasie. Con l’unico desiderio di viverlo pienamente. 

In fondo ogni volta che ci mettiamo sotto le coperte alla sera, significa che siamo sopravvissuti. Aprire gli occhi al mattino è un privilegio, ma quasi mai ne siamo consapevoli.

Consapevolezza è la prima parola. Gratitudine la seconda, e forse la più importante. Quella che mi ha salvata.

Sono grata agli amici dei miei genitori, che mi hanno abbracciata come una figlia e ancora oggi mi tengono stretta.

Sono grata a ogni lacrima amara, che attraversando le guance mi ha insegnato qualcosa. 

Sono grata ai miei nonni, che oltre ad aver perso i loro figli, si sono trovati ad affrontare le sfide di una nipote adolescente. 

Grata a te, nonno Gigi, che mi hai insegnato a lasciare andare senza rabbia, persino la cosa più preziosa che avevamo. 

Porto nel cuore le promesse che hai fatto a tua figlia su quel letto di ospedale: “mai più parolacce, né caramelle”. Nulla di più meravigliosamente infantile. Mi hai insegnato anche questo, a restare per sempre un po’ bambina. (Che poi diciamolo, qualche caramella ce la siamo mangiata).

Non avevi il dono della fede, tantomeno lo spirito della santità, eppure mi hai insegnato a perdonare anche nei giorni più bui. Ad accettare la vita. La morte. A darsi risposte apparentemente sciocche, semplicemente perché ne abbiamo bisogno. 

“Sai cosa penso? Che ha vinto tuo babbo anche stavolta” mi dicesti rassegnato, dopo aver salutato la tua unica figlia per l’ultima volta. 

Quando i miei genitori si innamorarono, mio nonno si oppose senza successo alla loro relazione, perché erano ancora troppo bambini. Quella fu la prima volta che “perse” sua figlia.

D’altra parte mio babbo è sempre stato vincente. Sul lavoro, a carte, nelle amicizie di cui amava circondarsi. Inutile dirvi quanto abbia idealizzato i miei genitori e la loro storia d’amore, che neppure la morte è riuscita a spezzare. Altro che Mulino Bianco. E altroché se certe idealizzazioni si pagano care!

Ma tornando qui, adesso…

Sono grata a te, nonna Derna, che sei stata la persona più diametralmente opposta a me. È stato un amore difficile il nostro, eppure indissolubile. Grazie per aver vissuto sette vite, nonostante tu abbia sempre dichiarato di esserne stufa. Sei rimasta tenacemente aggrappata a questa terra, per restarmi accanto.

A onor del vero, non è stato facile essere la tua unica ragione di esistenza. Però quanta passione e quanta caparbietà! Se solo potessi raccoglierne una briciola, sarei capace di oltrepassare i confini interstellari.

Sono grata a te Alberto, che poco fa mi hai abbracciata in lacrime di fronte a questa pagina bianca, così difficile da riempire. Grata per tutto quello che abbiamo condiviso negli ultimi dieci anni, sempre per mano. I viaggi più incredibili, i progetti strampalati, le idee luminose. Nostro figlio, i miei figli, questa pazza famiglia allargata. Così piena di vita.

Sono grata di essere mamma dei miei tre figli. E sarò grata per ogni giorno trascorso con loro.

Grazie a te Olivia. La tua nascita è stata il piccolo miracolo che mi ha restituito il calore che avevo perso. Quello di una famiglia. Poco importa se con il tempo si è di nuovo sfasciata, allargata, mutata. Noi due resteremo per sempre una sola creatura, cresciuta a latte e istinto. 

Grazie a te Rocco, mio pinguino, per tutte le sfide che mi hai messo inconsapevolmente di fronte. Viverle insieme è stata la vera vittoria e finalmente riesco a percepire la solida strada che stai percorrendo. Quante fatiche, e quante gioie! Sei la parte più dolce di me, come i nonni che avresti tanto voluto a tuo fianco. 

Grazie a te, piccolo Ernesto, mio astronauta della fantasia. Sei fonte inesauribile di energia saltellante. Sai sopravvivere ai miei sbalzi d’umore e coltivi il mio stesso orticello di piccole cose. Sei l’amico leale che vorrei a mio fianco, ma preferisco averti come figlio. Sei il mio tenero cucciolo, anche se odi i mei baci. (Eddai! Uno solo?)

Vorrei dirvi di “vivere ogni giorno come fosse l’ultimo” ma ho sempre trovato che questa frase fosse frustrante. Io non ci riesco neppure oggi, che ne ho piena consapevolezza.

Posso dirvi invece, che anche nei giorni più bui c’è sempre una lucina che brilla. Magari è nascosta, fioca, scarica, ma è lì. Basta solo saperla guardare.

E sono infinitamente grata a voi, mamma e babbo, per avermi resa la persona che sono. Per illuminare il mio cammino ogni giorno. E non parlo di angeli. Parlo di quella luce che avete acceso nei diciassette anni che abbiamo trascorso insieme, grazie alla quale non ho mai smarrito la strada.

Questa sera brinderò a Voi e alla Vita insieme alla  famiglia. Consapevole e grata.

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