Tamegroute, le ceramiche verdi del deserto

tamegroute
Un'insalata marocchina nella ceramica di Tamegroute. Ricetta alla fine del post!

Mai sottovalutare i desideri. Potrebbero spingerti a macinare chilometri infiniti su strade di polvere, per raggiungere una manciata di case nel mezzo del nulla.

Sognavo di incontrare gli artigiani di Tamegroute dal primo viaggio in Marocco, quando acquistai una delle loro ceramiche verdi nel souk di Marrakech. Quella ciotola è stata al centro del nostro tavolo per dodici anni, sopravvivendo a quattro traslochi e alle scorribande dei figli. 

Di Tamegroute non conoscevo che il nome, ma ero certa che mi avrebbe riservato qualche bella sorpresa. Questa estate mi sono spinta fin laggiù, e ho finalmente trovato il mio tesoro!

Tamegroute

Tamegroute è l’ultima impronta dell’uomo sulla sabbia del Sahara, fuori dalle rotte turistiche che collegano il deserto alle città imperiali. Per raggiungerla da Marrakech ho impiegato un paio di giorni, con una sosta a Ouarzazade e una nella periferia di Zagora.

Un bellissimo viaggio attraverso le montagne dell’Atlas, popolate da piccoli villaggi che sembrano costruiti di sabbia e consumati dalle onde del vento.

tamegroute

Sono arrivata a Tamegroute un pomeriggio di agosto, tanto caldo da togliere il fiato. I frammenti di ceramica luccicavano come gli smeraldi sulla strada di Oz. Ho iniziato a raccogliere i pezzi più integri, finché da una nube di polvere è spuntata una vecchia Peugeot.

“Je suis l’artiste!” l’uomo al volante era esattamente quello che cercavo. Solo il destino sa essere così puntuale in Marocco!

Quell’uomo si chiamava Said. Trascinando i miei figli, l’ho seguito per gallerie e camminamenti stretti tra pareti di fango, fino al cuore del villaggio che si apriva in una distesa di argilla. All’angolo di una piccola costruzione c’era un tornio, che si azionava da pedali nascosti sotto terra.

A dominare ogni cosa, tre grandi forni ancora fumanti. Qui si alternano 180 famiglie del villaggio, da sempre dedite alla produzione di ceramiche. Una tradizione antica otto secoli, che prosegue come se il tempo non avesse alcun peso.

Le ceramiche di Tamegroute sono riconoscibili fra mille, eppure sono tutte diverse. Infinite forme e altrettante sfumature, che vibrano tra l’ocra e lo smeraldo.

tamegroute

tamegroute

L’argilla viene estratta scavando nei terreni circostanti. Tritata, impastata con acqua e lasciata riposare per giorni, prima di essere modellata. Fuori dal laboratorio una distesa di vasi, candelabri e ciotole aspettano di essere essiccati dal sole, che da quelle parti è sempre generoso. 

Prima di passare alla cottura nei forni, gli oggetti vengono bagnati in una miscela segreta di manganese, rame, silice e rosa del deserto, che conferisce alle ceramiche gli ammalianti colori

Ogni pezzo porta con sé il fascino e il mistero dei secoli passati. Sarà per questo che, nonostante io mi stanchi presto delle cose, quella ceramica verde al centro del mio tavolo, sembra sempre regalarmi un certo conforto.

tamegroute

tamegroute

Dopo aver lasciato che sperimentassimo il tornio, Said ci ha invitati per un tè alla menta nella sua bottega, una palazzina incompiuta senza vetri alle finestre. Sul tetto piano e polveroso, una distesa di ceramiche: praticamente il mio paradiso.

Mai come in quel momento ho desiderato un container a mia disposizione, ma i nostri biglietti Ryanair mi hanno riportata con i piedi per terra. Ho riempito i nostri cinque bagagli a mano, con la promessa di tornare presto. 

tamegroute

tamegroute

Quando siamo ripartiti la luna stava sorgendo sul villaggio. I bambini di Tamegroute iniziavano la loro partita di pallone e i mercanti apparecchiavano i loro banchi lungo la strada. 

Queste visioni inaspettate, resteranno fra le più belle di tutto il viaggio.

tamegroute

tamegroute

tamegroute

tamegroute
Written By
More from Moon Diaries
Viaggio al Polo Nord. Tanto ghiaccio da scaldare il cuore!
Mai avrei pensato che tanto ghiaccio potesse scaldarmi il cuore! Il mio viaggio...
Read More
0 replies on “Tamegroute, le ceramiche verdi del deserto”